Io credo: preparazione alla SS.Trinità
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Io credo: preparazione alla SS.Trinità
In preparazione alla festa della Ss. Trinità, lasciamoci condurre nell’approfondimento delle radici della nostra fede da questa riflessione del Vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi
Noi crediamo nel Dio-Amore, in un Dio che è Padre e che ci ha creati per amore, non per il suo tornaconto, non per “fare i suoi affari”, ma per farci felici. Perché Padre, non è un vecchio monarca, relegato in una gelida estraneità. E neppure il grande orologiaio dell’universo, senza sogni né passioni, con un computer al posto del cuore.
Ognuno di noi può dire: ci sono, perché sono stato pensato, voluto, amato, chiamato per nome. Per il fatto stesso che vivo, è segno che è bello che io viva. E questo Padre che “in una notte nera, su una pietra nera, vede una formica nera e la ama”, che si prende cura degli uccelli del cielo e dei gigli del campo, che conta perfino i capelli del mio capo, si dimenticherà forse di me?
Questo Dio Creatore, che fa funzionare stelle e galassie, non farà funzionare anche la mia vita? Se crediamo in un Dio Padre onnipotente e misericordioso, che può fare infinitamente di più di quanto possiamo augurarci per la nostra felicità, perché tanta paura nell’abbandonarci al suo amore?
Noi crediamo in Gesù Cristo, che è morto per noi: per “noi” non in senso cumulativo – “tutti e… nessuno!” - ma distributivo: per tutti e per ciascuno. Poiché l’amore è personale o non è, ognuno di noi può dire con S. Paolo: “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
Se “a tutti i figli d’Eva /nel suo dolor pensò” (Manzoni), posso affermare che dall’alto della croce, il mio Redentore mi ha guardato e si è offerto per la mia salvezza, cioè per la mia felicità. Ed è risorto: per trasformare ogni atomo del mio dolore in un atomo d’amore; per cambiare la mia fine in una vita senza fine. Perciò noi crediamo che non esiste male per quanto grave e insopportabile, non esiste situazione per quanto pesante e negativa che non possa essere riscattata da un bene e da una gioia infinitamente più grande. Perché dunque angosciarci?
Noi crediamo nello Spirito Santo: è il tenerissimo e fortissimo Consolatore, che ci consola in ogni nostra tribolazione, e anche quando non ci salva dal dolore, ci salva però sempre nel dolore.
È lo Spirito di Gesù, che non ci fa mai sentire né schiavi né stranieri né orfani, ma ci fa provare la gioia stessa di Gesù il quale “esultava di gioia per virtù dello Spirito santo” (cfr Lc 10,21) e come lui ci fa gridare di gioia: “Abbà, Padre!”. Se il Paraclito ci rende altrettanti paracliti e consolatori, perché dunque rattristarci?
Noi crediamo nel Dio-Amore, in un Dio che è Padre e che ci ha creati per amore, non per il suo tornaconto, non per “fare i suoi affari”, ma per farci felici. Perché Padre, non è un vecchio monarca, relegato in una gelida estraneità. E neppure il grande orologiaio dell’universo, senza sogni né passioni, con un computer al posto del cuore.
Ognuno di noi può dire: ci sono, perché sono stato pensato, voluto, amato, chiamato per nome. Per il fatto stesso che vivo, è segno che è bello che io viva. E questo Padre che “in una notte nera, su una pietra nera, vede una formica nera e la ama”, che si prende cura degli uccelli del cielo e dei gigli del campo, che conta perfino i capelli del mio capo, si dimenticherà forse di me?
Questo Dio Creatore, che fa funzionare stelle e galassie, non farà funzionare anche la mia vita? Se crediamo in un Dio Padre onnipotente e misericordioso, che può fare infinitamente di più di quanto possiamo augurarci per la nostra felicità, perché tanta paura nell’abbandonarci al suo amore?
Noi crediamo in Gesù Cristo, che è morto per noi: per “noi” non in senso cumulativo – “tutti e… nessuno!” - ma distributivo: per tutti e per ciascuno. Poiché l’amore è personale o non è, ognuno di noi può dire con S. Paolo: “mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20).
Se “a tutti i figli d’Eva /nel suo dolor pensò” (Manzoni), posso affermare che dall’alto della croce, il mio Redentore mi ha guardato e si è offerto per la mia salvezza, cioè per la mia felicità. Ed è risorto: per trasformare ogni atomo del mio dolore in un atomo d’amore; per cambiare la mia fine in una vita senza fine. Perciò noi crediamo che non esiste male per quanto grave e insopportabile, non esiste situazione per quanto pesante e negativa che non possa essere riscattata da un bene e da una gioia infinitamente più grande. Perché dunque angosciarci?
Noi crediamo nello Spirito Santo: è il tenerissimo e fortissimo Consolatore, che ci consola in ogni nostra tribolazione, e anche quando non ci salva dal dolore, ci salva però sempre nel dolore.
È lo Spirito di Gesù, che non ci fa mai sentire né schiavi né stranieri né orfani, ma ci fa provare la gioia stessa di Gesù il quale “esultava di gioia per virtù dello Spirito santo” (cfr Lc 10,21) e come lui ci fa gridare di gioia: “Abbà, Padre!”. Se il Paraclito ci rende altrettanti paracliti e consolatori, perché dunque rattristarci?
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