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Spagna: migliaia i repubblicani salvati dalla Chiesa nella guerra civile

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Messaggio Da Ticanino86 Gio Giu 26, 2008 8:18 pm

Intervista al sacerdote e storico Vicente Cárcel Ortí



di Inmaculada Álvarez



ROMA, martedì, 24 giugno 2008 (ZENIT.org).- Papa Pio XI e i Vescovi spagnoli convinsero Franco a risparmiare la vita di migliaia di repubblicani condannati a morte, secondo il sacerdote e storico di Valencia Vicente Cárcel Ortí, autore di due recenti libri sulla posizione della Chiesa nella guerra civile spagnola.

Entrambe le opere (“Caídos, víctimas y mártires”, edito da Espasa-Calpe, e “Pío XI entre la República y Franco”, ed. BAC, di prossima pubblicazione) sono il risultato di una vasta ricerca nell’Archivio segreto del Vaticano e riportano documenti inediti che, secondo l’autore, “smentiscono molti luoghi comuni e miti del decennio più drammatico della storia spagnola del XX secolo”.

In una recente intervista all’agenzia Avan, lei ha parlato del caso di monsignor Olaechea, Arcivescovo di Valencia, che è intervenuto in favore di migliaia di prigionieri nel Forte di San Cristóbal (Navarra). Si è trattato di un caso isolato?

Vicente Cárcel: No. La notizia era incentrata sull’Arcivescovo Olaechea perché era diretta al pubblico valenciano, ma la ricerca non si è limitata a quel caso. Ho approfondito le figure di Pio XI, del Cardinale Pacelli, dei Nunzi e di diversi Vescovi tra i quali appunto Olaechea. Tutto questo appare nel libro che ho appena pubblicato e che dedica a questo Vescovo un intero capitolo, ma ci sono molti altri capitoli. È un libro molto voluminoso in cui affronto molti temi.

Ciò che ha fatto Olaechea, tutto il lavoro diretto a salvare i condannati e gente che sarebbe stata giustiziata per motivi politici non è soltanto opera sua ma di molte persone come lui. Di tutti i casi concreti che ho studiato, di persone concrete, con nome e cognome, non è possibile riferire perché sono migliaia. Peraltro, molti altri casi concreti non possono essere studiati perché si riferiscono al pontificato di Pio XII, la cui documentazione ancora non è consultabile in Vaticano. I casi concreti di cui parlo nel mio libro si riferiscono al periodo della guerra tra il 1936 e il 1939, e si riferiscono a persone semplici, lavoratori, padri di famiglia, ecc., per i quali il Papa e i Vescovi si fecero intercessori presso Franco, perché non venissero giustiziati.

Dalla ricerca risulta con chiarezza che la Santa Sede interveniva per mitigare le pene derivanti dalla guerra e per impedire che questa proseguisse. Don Marcelino Olaechea è intervenuto in favore di più di 2.000 persone; io ho l’elenco con nome e cognome di tutti.

Lei che ha studiato questo periodo in modo approfondito, tra la persecuzione religiosa e la vittoria di Franco, qual è stata la posizione della Chiesa spagnola? È fondata l’accusa comune secondo cui la Chiesa sarebbe stata allineata con “el Alzamiento”?

Vicente Cárcel: Questa accusa è del tutto infondata. La Santa Sede ha riconosciuto il regime di Franco solo dopo due anni dall’inizio della guerra nel 1936 ed ha intrattenuto rapporti diplomatici con la Repubblica fino al 1938. Pertanto, l’accusa che la Chiesa fosse con Franco sin dall’inizio è storicamente falsa. Per quanto riguarda i Vescovi spagnoli, questi hanno riconosciuto la rivolta militare solo dopo un anno, ma non vi è stato un riconoscimento ufficiale e completo da parte della Santa Sede se non praticamente alla fine della guerra.

D’altra parte bisogna tener conto che in quei momenti nessuno sapeva come sarebbe stato questo regime, né quanti anni sarebbe durato. Ora sappiamo che è durato quarant’anni, ma questo lo sappiamo adesso. Secondo i documenti che ho studiato in Vaticano, nel ’36 nessuno sapeva come sarebbero andate le cose. Per questo la Santa Sede ha tardato molto a riconoscere Franco ed ha continuato a riconoscere la Repubblica quasi fino alla fine della guerra. Quando si vide che la guerra era persa e che tutte le nazioni iniziavano a riconoscere il regime di Franco, allora anche la Santa Sede l’ha fatto.

In mezzo a tutto questo vi furono una serie di azioni particolari, personali, molto discrete, in molti casi quasi segrete, nei confronti di Franco e dei militari, volte ad impedire l’esecuzione di molte persone condannate per motivi politici e ad ottenere la scarcerazione o la riduzione della pena; perché allora i processi militari si facevano e tutto ciò risulta dalla documentazione che riporto nel mio libro.

In particolare, l’elemento di novità della mia ricerca è proprio la dimostrazione documentata, grazie all’Archivio vaticano, che la Santa Sede è stata sempre contraria alla guerra; che il Papa ha fatto tutto il possibile per evitare la guerra, per limitare i danni della guerra e che quando non si dava retta alle sue petizioni di tregua, di amnistia, ecc., fece l’unica cosa che poteva fare: chiedere clemenza per i condannati a morte. Questa è la tesi di fondo del libro.

In alcuni casi concreti, il Papa chiedeva clemenza, ma quando la sua richiesta arrivava a destinazione, il condannato era già stato giustiziato. Vi è stato il caso, per esempio, di un politico catalano, del partito “Unió Democrática de Catalunya” (il partito che oggi forma parte di “Convergencia i Unió”). Questo politico era cattolico e padre di cinque figli. Il Papa si adoperò per lui, ma quando la sua petizione arrivò, l’uomo era già stato ucciso. Sono casi che documento nel libro. Gli interventi del Papa erano diretti soprattutto a favore di persone umili e non di grandi personalità del mondo repubblicano.

Lei dice che il Papa Pio XI ha fatto ciò che ha potuto per porre fine alla guerra. Che tipo di azioni intraprese?

Vicente Cárcel: Si adoperò molto per impedire lo scoppio della guerra, per mediare i rapporti tra Franco e i repubblicani, per la cessazione delle ostilità, ma gli appelli del Papa rimasero del tutto inascoltati. Ancora nel Natale del 1938 (la guerra è finita nel marzo del ’39) il Papa lanciò personalmente a Franco un appello per la pace. Franco gli rispose che la guerra era guerra e che poteva concludersi solo con la vittoria di uno e la sconfitta dell’altro e che di conseguenza qualunque tregua o interruzione avrebbe solo prolungato la sofferenza. Tutto questo, a cui accenno qui brevemente, è documentato nel libro con molti testi e dati.

La persecuzione religiosa ebbe luogo solo nella Repubblica o vi fu anche qualche caso nell’altra parte, come alcuni sostengono?

Vicente Cárcel: No, la persecuzione religiosa si verificò esclusivamente nella parte repubblicana. Nella parte franchista vi fu la repressione politica, ma questo non ha nulla a che vedere con aspetti religiosi. La persecuzione religiosa ha le sue caratteristiche ben definite: distruzione dei templi e delle immagini sacre, uccisione di sacerdoti, di suore e laici per il solo fatto di essere cattolici, per odio alla fede. La repressione politica, che è altra cosa, si è verificata in entrambe le parti.

La Santa Sede sapeva ciò che stava accadendo in Spagna con la persecuzione religiosa, nonostante continuasse a riconoscere il Governo repubblicano?

Vicente Cárcel: La Santa Sede era perfettamente a conoscenza di ciò che stava accadendo sia da una parte che dall’altra e il Papa provava orrore per queste cose. In quel momento, di fronte ai due mali, il Papa scelse quello minore, che in quel momento era Franco, perché salvò la Chiesa dalla persecuzione, anche se come politico combatteva gli appartenenti alla fazione opposta (esattamente come facevano i repubblicani, d’altra parte).

Nel mio libro documento proprio l’angoscia del Papa che non sa che fare, perché vede che da entrambe le parti vi sono rappresaglie politiche. Il Papa, per un verso, voleva continuare a riconoscere la legittimità repubblicana (sebbene fosse una legittimità discutibile in quanto produceva la rivoluzione comunista al suo interno) e per questo tardò molto a riconoscere Franco.

Nel libro (quello di prossima pubblicazione) si raccontano quei momenti giorno per giorno: le preoccupazioni del Papa, le sue petizioni a Franco perché cessino le rappresaglie, i suoi dubbi nel vedere che era appoggiato da Hitler e Mussolini, le cui dottrine erano considerate dalla Chiesa come pagane, ecc. Alla fine il Papa dovette scegliere l’uno o l’altro ed è chiaro che non poteva schierarsi con coloro che perseguitavano la Chiesa. Poi, un’altra cosa che non si dice è che in quei giorni il nuovo regime veniva riconosciuto da tutti: Stati Uniti, Francia, Inghilterra... Quasi tutti appoggiavano Franco in quei momenti.

A parte monsignor Olaechea, quale fu la posizione del resto della curia spagnola alla fine della guerra?

Vicente Cárcel: I Vescovi spagnoli, sia prima, sia durante, sia dopo la guerra (come dimostrano tutti i documenti in Vaticano e in Spagna), con i loro interventi cercavano due cose: la riconciliazione e la pace. La riconciliazione era molto difficile da ottenere perché la Spagna era divisa in due e la pace fu ottenuta con le armi.

Dopo la guerra i Vescovi lavorarono intensamente per la riconciliazione, a partire dal Cardinale Gomá, e il frutto di questo lavoro arriva fino ai giorni nostri. Le lettere pastorali di quegli anni sono lì. Ma vi è stata anche una serie di interventi concreti in favore di migliaia di persone detenute, che il lavoro di ricerca sta riportando alla luce solo adesso.

Se questo è ciò che si sa sul pontificato di Pio XI, cosa avverrà quando si aprirà l’archivio del pontificato di Pio XII?

Vicente Cárcel: Questa è la questione. Io ho potuto consultare gli indici degli arcivi di questo pontificato ed ho trovato molti interventi della Santa Sede sul regime di Franco in favore dei detenuti politici, ma ancora non possiamo accedere al contenuto di quei documenti. La ricerca è lenta, ma poco a poco i fatti vengono ricostruiti. Non volevamo la memoria storia? Eccola; questa è la memoria storica, i fatti.

Perché, secondo lei, non viene riconosciuto alla Chiesa il merito di questo lavoro?

Vicente Cárcel: Semplicemente per una manipolazione politica e ideologica. La Chiesa deve essere sempre attaccata e criticata in tutto ciò che fa. Se fa cose positive, vanno nascoste, se fa cose negative, bisogna metterle in evidenza. Si sottolinea che la Chiesa appoggiò Franco (ma insisto, chi avrebbe dovuto appoggiare in quel momento?) e si dimentica di quell’opera in favore della riconciliazione. Negli anni ’30 nessuno, né la Chiesa, né altri, sapevano come sarebbe stato il regime militare! Solo oggi si sa che è durato 40 anni. Pertanto, giudicare le azioni di allora con le conoscenze di oggi è assurdo.

Ticanino86

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